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STORIA - L'astrolabio

L’astrolabio è uno strumento astronomico che ebbe notevole diffusione nel Medioevo, anche se le sue origini risalgono ai greci (tale strumento era già in uso all’epoca di Ipparco) ed era legato principalmente all’osservazione celeste: veniva usato per determinare le distanze angolari con la Luna, per la determinazione dell’ora, come sestante per la navigazione ... in pratica oggi potremmo considerarlo un computer analogico dell’epoca. Sappiamo per certo, grazie alle opere di Giovanni Filopono di Alessandria, che la prima costruzione di un astrolabio risale al VI secolo d.C., ma è durante l’Età dell’Oro dell’astronomia islamica che l’astrolabio ebbe notevole sviluppo e si diffuse all’esterno dei confini islamici. Grazie ai numerosi trattati divenuti noti con il nome di saphea fu inizialmente portato in Andalusia, quindi in Inghilterra ed in seguito in tutta Europa, dove il tedesco Ermanno di Reichenau scrisse ufficialmente il primo trattato europeo sull’uso di tale strumento.
Durante il massimo splendore dell’astronomia islamica Al-Fazari; fu il primo astronomo che, ad Harran (città principale dove venivano costruiti questi strumenti), si occupò dell’astrolabio. Gli arabi introdussero numerosi accorgimenti ignoti agli astronomi greci, come ad esempio il quadrante d’ombra, il reticolo trigonometrico sulla parte posteriore, le curve azimutali sulle diverse lamine per ogni latitudine e infine una lamina universale per gli orizzonti. Nell’XI secolo, in Andalusia, l’astrolabio fu potenziato introducendo una lamina universale dotata di due indicatori per le coordinate ellittiche ed equatoriali.
Nei musei sono esposti astrolabi di diverse dimensioni, anche molto grandi, alcuni dei quali finemente decorati; nella maggior parte dei casi dalle decorazioni e dallo stile delle descrizioni è possibile risalire al periodo in cui fu costruito: quelli semplici e funzionali provenienti da Baghdad o quelli con tante decorazioni provenienti dall’oriente islamico Egitto e Siria. Esistono diversi tipi d’astrolabio:
Piano (o planisferico): era l’astrolabio più comune ed è quello descritto in questa sezione. Lineare: ha la forma di un bastoncino; non ebbe molta diffusione in Europa ed era difficile da usare. L’idea di base di un astrolabio lineare è la seguente: ogni cerchio sull’astrolabio planisferico può essere rappresentato sul bastone con la posizione del suo centro e del suo raggio. Storicamente venne concepito da Al-Tūsī, e lo strumento consisteva in una serie di graduazioni incise su un bastone per una latitudine specifica dove due graduazioni rappresentano le intersezioni dei circoli di declinazione e di almucantarat con il meridiano. Al bastone sono collegati due fili con perline mobili (che rappresentano l’equivalente della rete) e tramite graduazioni era possibile compiere le operazioni classiche di un comune astrolabio. Sferico: ha la forma di un globo; fu sviluppato specificamente nel X secolo dagli astrolabisti islamici che scrissero anche vari trattati sul suo uso fra il X e il XVI secolo (uno dei più famosi venne redatto da Habash) ma non ebbe molto successo. In generale è costituito da una struttura sferica con segni dell’eclittica e stelle fisse che possono ruotare su una sfera con i contrassegni degli orizzonti e degli almucantarat di qualsiasi località e delle ore. Ha il vantaggio di essere uno strumento universale, nel senso che può essere usato a qualsiasi latitudine.
Nautico: molto semplice; era usato per determinare l’altezza del Sole. Esso era tradizionalmente forato, per essere più stabile sul ponte della nave; consisteva in un’alidada, che ruotava su un perno. Ai due estremi c’era un traguardo con un piccolo foro per la visione; il marinaio reggeva lo strumento infilando il dito nel trono, e faceva ruotare l’alidada in modo da osservare l’oggetto attraverso i fori dei due traguardi in modo che un traguardo proiettasse la sua ombra sull’altro.
L’astrolabio per antonomasia, più diffuso, è quello piano basato sulla proiezione stereografica della volta celeste su una superficie 2D. La teoria della proiezione stereografica può essere fatta risalire all’epoca dei greci, e precisamente ai tempi di Ipparco di Nicea; essa consente di proiettare su un piano, nel nostro caso l’equatore, tutti i punti (ovvero gli oggetti del cielo) situati sulla sfera celeste che sono visibili in un determinato luogo: il punto d’origine della nostra proiezione è il polo sud.
La proiezione stereografica rappresenta lo strumento matematico ideale per costruire un astrolabio perché possiede la seguente importante proprietà: I cerchi di una sfera conservano la figura circolare quando vengono proiettati su una superficie piana, e gli angoli formati da cerchi che si intersecano sulla sfera rimangono immutati in proiezione. In pratica dal polo sud viene tracciata una linea immaginaria verso l’oggetto sulla sfera celeste di cui si desidera rappresentare la posizione; il punto in cui la linea interseca il piano della proiezione (ovvero l’equatore) indica la collocazione dell’oggetto celeste sulla carta. La proiezione dipende dal luogo di osservazione, quindi a seconda della latitudine di quest’ultimo avremo diversi circoli di proiezione.
In ogni caso, potremo comunque definirvi alcune linee e punti di riferimento, in particolare:
1) Il polo nord celeste: si trova al centro del piano di proiezione. Esso rappresenta anche il centro per i tre cerchi concentrici del Tropico del Cancro, del Tropico del Capricorno ed equatore celeste.
E’ il punto intorno al quale sembrano ruotare tutte le stelle.
2) L’orizzonte: la cui proiezione è presente lungo i quattro punti cardinali e la linea del crepuscolo 18° più in basso.
3) Almucantarat: l’insieme delle linee (parallele) che hanno altezza costante sull’orizzonte.
4) Lo zenith: è il punto direttamente sopra la testa dell’osservatore (90° sopra l’orizzonte).
5) I cerchi azimutali: sono cerchi massimi aventi tutti ugual direzione (in verticale) passanti tutti per lo zenith e scendono fino all’orizzonte. I cerchi sono disegnati a intervalli regolari, usualmente ogni 5°.
Inoltre:
1) Nella proiezione stereografica, quanto più una stella australe è vicina al polo sud celeste, tanto più lontana sarà dal polo celeste boreale sul piano di proiezione, cioè sulla rete.
2) L’equatore e i tropici sono perpendicolari all’asse di proiezione, quindi son proiettati come cerchi concentrici alla rete e incentrati sul polo nord. Il centro dell’anello dell’eclittica differisce dal centro dell’equatore e dei tropici per il fatto che il piano dell’equatore terrestre è inclinato di 23° 30’ rispetto al piano dell’orbita terrestre.


Data creazione : 11/02/2014 - 21:13
Ultima modifica : 11/02/2014 - 21:15
Categoria : STORIA
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