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STORIA - Il calendario dell'antica Roma e la riforma giuliana

Il calendario dei primi romani era il frutto dell’eredità di quello delle popolazioni primitive che si erano insediati nei territori romani; era basato su un calendario lunare composto da 10 mesi ed una durata complessiva di 304 giorni. Il capodanno cadeva nel mese di Marzo (che era quindi il primo mese dell’anno) ed i nomi dei mesi facevano riferimento alle varie divinità, in particolare:

  • Martius: dedicato al Dio della Guerra;
  • Aprilius: nome di origine dubbia ma che, probabilmente, si riferisce all’arrivo della nuova stagione e dei nuovi frutti
  • Maius: deriva da Maia, la madre di Mercurio e protettrice della Terra;
  • Junius: da Giunone, protettrice dei matrimoni.

  • Seguono poi i restanti mesi, dal quinto al decimo:

  • Quintilius: il quinto mese;
  • Sextilis: il sesto mese;
  • September: il settimo mese;
  • October: l’ottavo mese;
  • November: il nono mese;
  • December: il decimo mese.

  • Solo in seguito, sotto il dominio di Numa Pompilio, si aggiunsero:

  • Januarius: l’attuale Gennaio dedicato a Giano;
  • Febrarius: ultimo mese dell’anno.

  • I mesi avevano una durata di 29/30 giorni e l’anno conteggiava 355 giorni; per mantenere in fase le stagioni veniva aggiunto di tanto in tanto un mese intercalare. Questo mese aggiuntivo non era però inserito con regolarità ma, per motivi politici e di prestigio di chi deteneva il potere, poteva essere spostato e, durante lo stato di guerra, poteva anche essere sospeso.
    La mancanza di regolarità nell’intercalazione aveva portato ad un sfasamento di 3 mesi fra il calendario romano ed il ciclo delle stagioni; nel 46 a.C. Giulio Cesare, con la consulenza dell’astronomo egizio Sosigene, provvide a riformare il calendario introducendo la ben nota riforma Giuliana. Fu necessario prima di tutto riallineare l’inizio del nuovo anno calendariale con l’anno solare, pertanto Cesare inserì due mesi intercalari fra novembre e dicembre di 445 – 365 = 80 giorni per portare il calendario romano in fase con le stagioni.
    Sosigene indicò la durata dell’anno tropico in 365 giorni e 1/4, stabilì la durata dell’anno calendariale in 365 giorni ed introdusse un anno di 366 giorni ogni quattro; la durata dei mesi venne portata a 30/31 giorni a mesi alterni ad eccezione del mese di Febbraio che sarebbe rimasto di 29 giorni tranne negli anni bisestili in cui sarebbe diventato di 30. In realtà, durante l’anno bisestile, il giorno in più non veniva aggiunto alla fine dell’anno (il 30 Febbraio) ma veniva duplicato il 24 febbraio, che diventava il 24 febbraio bis; il termine attuale bisestile deriva dalla ‘contrazione’ della frase dies sextus ante kalendas martias, ovvero sei giorni prima delle calende di Marzo (ovvero l’inizio del mese).


    Purtroppo i romani non applicarono alla lettera le istruzioni di Sosigene riguardo i mesi bisestili e, durante la dominazione di Augusto, fu necessaria una nuova riforma. Il problema era dovuto al sistema di calcolo romano, che “contava da uno”, ovvero:

  • anno bisestile
  • anno non bisestile
  • anno non bisestile
  • anno bisestile!!

  • Augusto corresse questo errore togliendo alcuni anni bisestili (dal 9 a.C. al 3 d.C.) ma non solo: cambiò il nome del mese di Sextilis in Augustus e la sua durata da 30 in 31 giorni. Ovviamente dovette togliere un giorno da un altro mese (Febbraio) che passò da 29 a 28 giorni (negli anni comuni). Si ebbero così 3 mesi di fila con 31 giorni (Julius, Augustus e September) e furono modificate le lunghezze degli ultimi 4 mesi: September e November divennero di 30 giorni mentre October e December vennero portati a 31.


    Ecco l’elenco completo:

  • Januarius: 31
  • Febrarius: 28 (29 se bisestile)
  • Martius: 31
  • Aprilius: 30
  • Maius: 31
  • Junius: 30
  • Julius (ex Quintilius): 31
  • Augustus (ex Sextilis): 31 (ex 30 gg)
  • September: 30 (ex 31 gg)
  • October: 31 (ex 30 gg)
  • November: 30 (ex 31 gg)
  • December: 31 (ex 30 gg)

  • Con la riforma Giuliana del calendario, andata a regime nel 5 d.C., si definirono così i mesi dell’anno, la loro durata e l’anno bisestile. Si definirono bisestili tutti gli anni le cui ultime due cifre erano divisibili per 4; in tal modo gli anni bisestili si ripetevano ciclicamente in maniera identica ogni 7 x 4 = 28 anni come il ciclo solare (si definisce ciclo solare il periodo di tempo dopo il quale i giorni della settimana tornano sempre a corrispondere con i giorni del mese).


    Riassumendo:

  • 707 a.U.c (47 a.C.) ultimo anno del calendario di Numa Pompilio.
  • 708 a.U.c. (46 a.C.) Ultimus annus confusionis.
  • 709 a.U.c. (45 a.C.) Primo anno giuliano completo con 366 giorni con termine a Dicembre.
  • 712, 715, 718, 721, 724 a.U.c. furono anni erroneamente bisestili. Per correggere l’errore
  • Augusto sospese il computo dei bisestili dal 746 al 761 a.U.c.
  • A partire dal 761 – 753 a.U.c. = 8 d.C. si considerano anni bisestili (366 giorni) tutti gli anni divisibili per 4.
  • A partire dal 761 – 753 a.U.c. = 8 d.C. si considerano anni comuni (365 giorni) tutti gli anni non divisibili per 4.

  • E’ necessario fare una precisazione sulla datazione: con la sigla a.U.c. si intende ab Urbe Condita, ovvero un sistema di conteggio basato sull’anno della fondazione di Roma (21 Aprile 753 a.C), mentre d.C. indica dopo Cristo e fa riferimento alla datazione degli anni introdotta da Dionigi il Piccolo che considera come anno di riferimento la nascita di Cristo. Ovviamente Dionigi non poteva conoscere l’anno zero pertanto non lo considerò nei suoi calcoli mentre oggigiorno gli astronomi (per fortuna) lo considerano; si ottiene così uno sfasamento nella datazione degli anni che rispecchia il seguente schema:


  • Datazione astronomica: -3 -2 -1 0 1 2 3
  • Datazione di Dionigi: 4 a.C. 3 a.C. 2 a.C. 1 a.C. 1 d.C. 2 d.C. 3 d.C.

  • Facciamo ora alcune considerazioni sul calendario giuliano.

  • La durata media dell’anno giuliano è di (365 x 3 + 366) / 4 = 365,25 giorni.
  • La durata media di un mese è di 30,44 giorni.
  • E’ ciclico: ha una periodicità di 365 x 4 + 1 =1461 giorni.

  • Il 1 Gennaio venne considerato come data del primo giorno dell’anno (capodanno), anche se la regola non venne del tutto recepita nei secoli successivi in quanto in Europa continuarono ad utilizzare capodanni differenti a seconda dello stile calendariale in uso. La data dell’equinozio venne fissata, in accordo con la cultura latina, il 25 Marzo. Data la semplicità d’uso, il calendario giuliano, sul quale vennero inseriti i giorni della settimana, fu adottato dalla Chiesa fin dai primi secoli dell’era cristiana. Grazie alla cultura alessandrina e alla grande quantità di osservazioni celesti di studiosi quali Ipparco, sappiamo che all’epoca della riforma la durata dell’anno tropico era di 365,2467 giorni; lo scarto quindi era di 365,25 – 365,2467 = 0,0033 giorni (4m e 45s) ogni anno.
    Poiché la durata dell’anno tropico oggi vale 365,24219 giorni, lo scarto è in realtà di 11m 12s l’anno, il che comporta uno sfasamento di 365,25 – 365,24219 = 0,00781 giorni pari a 1 giorno ogni 128 anni. Dopo 46 + 325 = 371 anni lo sfasamento del calendario gregoriano rispetto al ciclo delle stagioni era salito a circa 2,89 giorni. Nell’anno 325 d.C. si svolse il primo Concilio Ecumenico cristiano della storia, il concilio di Nicea, con lo scopo di unificare le divergenze dottrinali nelle comunità cristiane e di definire il calcolo della data della Pasqua.
    Dal momento che la Resurrezione di Cristo, avvenuta durante la Pasqua ebraica (Pesha), si basa su una combinazione fra un giorno settimanale (Domenica), un calendario lunare (quello ebraico) e la data dell’equinozio, era necessario avere un calendario il più preciso possibile ed un metodo di calcolo per poter stabilire negli anni a venire la data di tale festività.


    A questo proposito il Concilio di Nicea, anticipò la data dell’equinozio dal 25 Marzo al 21 Marzo, cercando di rimediare al fatto che il calendario giuliano non fosse più in fase con il ciclo delle stagioni. A questo punto, una volta fissato per sem- pre il giorno calendariale dell’equinozio, fu stabilito in manie- ra univoca il giorno della Pasqua come la prima domenica successiva al primo plenilunio di primavera ed il calcolo della Pasqua venne considerata un’attività da computisti, ovvero da esperti di calcolo calendariale; fra essi si distinsero Beda il Venerabile e Dionigi.
    Con il passare dei secoli, il calendario giuliano ebbe una diffusione enorme in tutta Europa fra tutti gli strati sociali per gli usi più comuni: lavoro, tasse, pagamento dei debiti e quanto altro.
    L’aver riportato la data dell’equinozio al 21 Marzo (data effettiva dell’equinozio al tempo di Nicea) non interruppe il progressivo ma lento sfasamento con il ciclo delle stagioni, tanto da richiedere in capo a 1000 anni un secondo aggiustamento. L’errore commesso da Sosigene fu di considerare la durata dell’anno tropico di 365,25 giorni, cosa che oggi sappiamo valere qualche frazione in meno. Questa frazione di tempo, con il passare dei secoli, si trasformò in giorni e nel 1582 all’epoca di Papa Gregorio XIII, fu necessaria una nuova riforma ... il calendario gregoriano.


    ALESSANDRO FUMAGALLI

    Data creazione : 25/11/2012 - 11:44
    Ultima modifica : 25/11/2012 - 11:47
    Categoria : STORIA
    Pagina letta 2427 volte


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