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STORIA - Fiocchi rosa e azzurri nel Sistema Solare

Il progresso tecnologico, soprattutto quello dell'ultimo secolo, ha indubbiamente prodotto delle modifiche significative in quelle che erano le nostre conoscenze in tutti i campi della scienza e in modo particolare, per quel che ci riguarda, in astronomia. E qui, i cambiamenti hanno interessato sia il “lontano” universo che quello a noi più “vicino”, ovvero il Sistema Solare.
Consideriamo, ad esempio, quelle che sono le nostre conoscenze sui satelliti naturali che orbitano attorno ai singoli pianeti. Il loro numero è andato progressivamente aumentando con il trascorrere degli anni. A mano a mano che la tecnologia metteva a disposizione strumenti sempre più potenti e perfezionati si assisteva al battesimo di nuove lune: "fiocchi rosa o azzurri" che incrementavano il numero dei componenti delle varie famiglie planetarie. I primi telescopi avevano permesso di osservare soltanto le lune più grosse oppure quelle a noi più vicine; per scoprire quelle più lontane oppure di dimensioni più piccole servivano ben altri strumenti. Ci vennero allora in aiuto, da una parte, telescopi più potenti e una tecnica fotografica più affidabile e, dall'altra, le sonde interplanetarie che raggiungendo i pianeti portavano “l'occhio dell'osservatore" sempre più vicino all'oggetto da osservare. Parliamo di un gruppo di sonde che ha come capostipiti le due coppie di Pioneer e Voyager, passando attraverso altre sonde famose come la Galileo e la Cassini e che vedono al momento come ultima rappresentante la New Horizons.
La scoperta continua di nuove lune migliora ovviamente le nostre conoscenze sul Sistema Solare e la sua formazione, ma comporta anche l'onere di dover riscrivere interi capitoli di astronomia per aggiornare le schede tecniche di ogni singolo pianeta. In questo articolo provo a ripercorrere la storia e la cronologia di queste scoperte prendendo in considerazione i pianeti esterni del sistema solare, quelli più grandi, quelli con più satelliti naturali, in ordine come li incontriamo per distanza dal Sole. Potrà risultare una descrizione noiosa, in parte ripetitiva, forse troppo infarcita di numeri e date, ma sicuramente necessaria se si vuole fare il punto odierno sulla quantità di lune presenti nel nostro Sistema Solare.
Nel compiere questo viaggio, che ci porterà da un pianeta all'altro, ci accorgeremo che c'è una logica nella cronologia delle scoperte: le prime lune a essere scoperte saranno quelle di Giove perchè legate al pianeta a noi più vicino tra quelli presi in considerazione. Poi si scoprirà che anche Saturno è circondato da lune e in seguito la stessa scoperta riguarderà Urano, poi Nettuno e infine Plutone. La stessa logica che vede la scoperta delle lune relazionata alla distanza dei pianeti, la si ritroverà anche nella dimensione delle lune stesse: per ogni pianeta verranno scoperte per prime quelle di dimensioni maggiori e con il passare del tempo, in modo decrescente, quelle di dimensioni sempre minori.
Iniziamo allora il nostro viaggio nello spazio e nel tempo cominciando da Giove. Siamo nel 1610 e Galileo Galilei, con il suo “perspicillum” puntato sul cielo di Padova, scopre i primi quattro satelliti naturali del pianeta gigante. Sono quelli con dimensioni maggiori (il più piccolo dei quattro misura 3.140 km di diametro, quindi leggermente più piccolo della nostra Luna che misura 3.476 km) ma anche gli unici che il suo limitato strumento fosse in grado di mostrargli.
Questo numero rimarrà invariato per quasi tre secoli, ovvero fino al 9 settembre 1892, anno in cui lo statunitense Edward Emerson Barnard scoprirà dall'Osservatorio Lick, sul monte Hamilton in California, il quinto satellite. Completato nel 1888, il "Lick" era il primo Osservatorio che gli Stati Uniti costruivano in quota e fu proprio sfruttando l'altezza di 1.283 mt e un rifrattore da 91 cm di diametro (il secondo al mondo dopo lo Yerkes da 102 cm) che Barnard trovò Amaltea. Quinto come scoperta ma quinto anche per dimensioni, Amaltea è il più massiccio dei satelliti interni di Giove che nella loro globalità vengono identificati proprio come gruppo di Amaltea. Di forma irregolare, presenta un diametro medio attorno ai 200 km, di molto più piccolo rispetto ai quattro satelliti scoperti da Galileo.
I satelliti scoperti successivamente risultano ancora più piccoli. Il sesto in ordine cronologico viene scoperto nel 1904: si tratta di Himalia, al quale ne seguiranno altri ancora più piccoli scoperti soprattutto grazie all'utilizzo delle lastre fotografiche, tecnica che dopo qualche decina di anni si era perfezionata diventando molto affidabile. A metà degli anni '70, qualsiasi pubblicazione di astronomia assegnava a Giove tredici satelliti naturali. L'ho potuto constatare andando a riguardarmi il volume della Grande Enciclopedia Fabbri della Natura dedicato all'Astronomia, che proprio in quel periodo acquistavo in edicola a fascicoli settimanali da rilegare. Passa qualche anno e già bisogna riscrivere tutto: il numero dei suoi satelliti era infatti salito a sedici. Il merito fu della Voyager 2 e delle immagini prese nel passare vicino a Giove nel marzo del 1979; lo studio delle fotografie aveva permesso di individuare tre nuove lune (Adrastea, Metis e Tebe) oltre alla presenza di un debole anello di polvere che circondava il gassoso pianeta gigante.
Passiamo adesso a parlare di Saturno, allontanandoci non solo verso l'esterno del Sistema Solare ma anche nel tempo. Dopo aver passato qualche anno a studiare Giove, Galileo aveva girato la sua attenzione su Saturno e aveva scoperto che il pianeta era circondato da due protuberanze che a distanza di anni sparivano e poi riapparivano.
Fu Christian Huygens a scoprire, con uno strumento perfezionato e autocostruito assieme al fratello, che le due protuberanze erano in realtà, stando alle sue parole, "un anello leggero, piatto, che in nessun punto aderisce all'astro, ed è inclinato sull'eclittica".
Nel tentativo di capire la vera natura delle due protuberanze scoperte da Galileo, Huygens si imbattè nel 1665, dunque una cinquantina d'anni dopo la scoperta dei satelliti galileiani, nel primo satellite di Saturno. E' Titano, un oggetto che qualsiasi strumento amatoriale odierno è in grado di mostrare a fianco di Saturno come una stellina di ottava grandezza. Il diametro di 5.150 km rende Titano leggermente più piccolo di Ganimede, la luna galileiana che detiene il primato di satellite più grande di tutto il sistema solare.
Toccherà a Giovanni Domenico Cassini, appena diventato Direttore dell'Osservatorio di Parigi, scoprire ben quattro nuove lune tra il 1671 e il 1684: sono Giapeto, Rhea, Dione e Teti. Nel frattempo Cassini individuò anche la netta divisione tra l'anello A e l'anello B che porta giustamente il suo nome.
Per trovare altre lune bisognerà fare dei notevoli salti nel tempo. Serviranno ancora un centinaio d'anni e la grande apertura del telescopio riflettore da 120 cm di William Herschel per definire nel 1789 la sesta e la settima luna (Mimas ed Encelado), mentre passeranno altri cinquant'anni prima che Lassel e Bond scoprano nel 1848 Iperione. Occorreranno ulteriori cinquant'anni a William Pickering per riuscire a immortalare Phoebe nel 1898 su di una lastra fotografica. Bisogna però sottolineare che, prima che arrivasse l'esplorazione spaziale, era possibile scoprire le lune di Saturno soltanto quando gli anelli si presentavano di taglio, quindi quando il pianeta si mostrava con una luminosità fortemente ridotta.
A metà degli anni '70, quell'Enciclopedia riferita all'Astronomia di cui parlavo, assegnava a Saturno una decina di satelliti naturali, comprendendo quel Janus scoperto da Dollfus nel 1966 e che era stato preferito ad Epimetheus, un altro corpo che Walker nello stesso anno aveva scoperto muoversi sulla stessa orbita. Poichè era ritenuto impossibile che due oggetti girassero sulla stessa orbita, si era presa la decisione di confermare la scoperta di Janus escludendo quell'altra. I satelliti noti in quel momento erano dunque dieci e di questi se ne conosceva bene la distanza dal pianeta ma non il diametro che risultava ipotetico e ancora da verificare. Le prime misure, in effetti, presentano delle differenze rispetto a quelle assunte dopo il passaggio della Voyager. All'inizio degli anni '90 il numero di satelliti conosciuti sale a diciotto grazie, come ricordato, alla missione Voyager. Nell'anno 2000 avvengono altre scoperte, fatte soprattutto dall'Osservatorio giapponese Subaru alle Hawaii e dalla sonda Cassini che è stabilmente in orbita all'interno del sistema di Saturno dal luglio 2004, che innalzano notevolmente il numero portandolo alla quota provvisoria di 62, un aumento non indifferente tant'è che la UAI comincia ad essere in difficoltà ad assegnare lo status di luna ad oggetti che in realtà risultano essere frammenti di ghiaccio sempre più piccoli. Lasciamo Saturno e allontaniamoci ancora di più dal Sole per raggiungere Urano, il terzo pianeta per dimensioni nel Sistema Solare. Scoperto casualmente da Wilhelm Herschel con il suo riflettore autocostruito da 16 cm mentre era alla ricerca di stelle doppie, il nuovo pianeta distruggeva quella struttura planetaria che era rimasta immutata per millenni: di colpo venivano superate le “colonne d'Ercole” del nostro Sistema Solare che erano rappresentate dall'orbita di Saturno. Siamo nel 1781 e in quel momento storico, di Giove erano noti ancora e soltanto i quattro satelliti galileiani e lo stesso Herschel non aveva ancora scoperto Mimas ed Encelado, la sesta e settima luna di Saturno.
Due anni prima di queste scoperte, nel 1787, Herschel, che nel frattempo aveva continuato ad osservare Urano, trova con il suo nuovo riflettore i primi due satelliti di Urano, Titania e Oberon: sono i più grossi della famiglia avendo dimensioni oltre i 700 km di diametro. Bisognerà però attendere fino al 1851 per imbatterci con William Lassel in nuove scoperte: sono Ariel ed Umbriel, due lune leggermente più piccole delle precedenti con diametri attorno ai 580 km. Per trovare il quinto satellite, Miranda, bisognerà aspettare ancora un centinaio d'anni quando Gerard Kuiper nel 1948 se lo ritroverà su una lastra fotografica.
Nel solito periodo preso in considerazione, ovvero la metà degli anni '70, erano noti soltanto cinque satelliti di Urano. Anche per questo pianeta bisognerà aspettare l'arrivo della Voyager 2 e il suo passaggio nel gennaio 1986 per accrescerne il numero di almeno una decina, tutti con diametro inferiore ai 150 km e dunque difficili da rilevare da terra con gli strumenti che si avevano a disposizione. Ricerche effettuate successivamente da Monte Palomar con il telescopio Hale, ma anche dal Mauna Kea alle Hawaii nonché dagli Osservatori di Cerro Tololo, hanno portato a 25 il numero di satelliti naturali. Infine, il telescopio Hubble ha scoperto nel 2003 gli ultimi due satelliti, quelli più piccoli con diametro attorno ai 15-20 km, portando il loro numero attuale, ma sempre non definitivo, alla quota di ventisette.
Il nostro viaggio continua ancora. Ci allontaniamo sempre più dalla Terra per andare ad incontrare il successivo pianeta: Nettuno. La sua scoperta avviene nel 1846 dopo un intenso lavoro matematico svolto dalle due persone che più di altre erano determinate a stabilirne l'ipotetica orbita e posizione in cielo: l'inglese John Adams e il francese Urbain Le Verrier, che alla fine si divisero la paternità della scoperta.
Passano solo 17 giorni dalla scoperta del nuovo pianeta e William Lassel (lo stesso che cinque anni più tardi scoprirà Ariel ed Umbriel, lune di Urano) individua già la prima luna di Nettuno: Tritone. Bisognerà aspettare invece il ricorrente centinaio d'anni per trovare la seconda luna, quella Nereide scoperta da Gerard Kuiper nel 1949: una luna molto più piccola per i suoi 350 km di diametro paragonati ai 2.700 km di Tritone. Prima del passaggio della Voyager 2 avvenuto nell'agosto del 1989, di Nettuno erano note solo queste due lune, e questo era quanto riportato su tutti i testi di astronomia. Al suo passaggio, la Voyager non solo conferma la presenza di un satellite scoperto qualche anno prima da Harold Reitsema, ma ne trova altri cinque portando il loro totale a otto. E' particolare il fatto che uno di questi, Proteus, con un diametro attorno ai 400 km si rivelerà leggermente più grande di Nereide. Come mai non era stato visto da terra alla pari di Nereide? La risposta è semplice ed è dovuta al fatto di orbitare molto vicino al pianeta venendosi così a trovare immerso e nascosto dalla luce di quest'ultimo. Tutte le altre lune scoperte dalla Voyager 2 sono molto più piccole e a queste se ne aggiungeranno altre cinque scoperte negli anni 2002-2003 dai soliti Osservatori posti sul Mauna Kea o al Cerro Tololo.
Attualmente le lune accreditate per Nettuno sono tredici.
Se a questo punto pensavate che il nostro viaggio fosse concluso, vi devo purtroppo chiedere di pazientare ancora un pò perché vorrei parlavi dell'ultimo pianeta: Plutone. Ma come, sicuramente risponderete, Plutone non è più un pianeta! Que- sto è vero, ma lo era a tutti gli effetti quando venne scoperta la sua luna principale: Caronte. E dunque, parliamo anche del declassato Plutone! Scoperto solo "recentemente", ovvero nel 1930 da Clyde W. Tombaugh, nel periodo della nostra considerazione, la metà degli anni '70, Plutone veniva considerato come l'unico pianeta del sistema solare esterno alla Terra orfano di satellite naturale. La scoperta di Caronte avviene infatti solamente nel 1978, grazie a James Christy e allo studio attento delle lastre fotografiche; ma questa storia è già stata raccontata su un numero precedente del nostro giornalino.
Bisogna aspettare il 2005 per assistere al "battesimo" di due nuove lune, un evento sperato in particolar modo da Alan Stern (responsabile della missione New Horizons) e dal suo team, che premia così la sua tenacia e lungimiranza. Tutto ha inizio negli anni '90 quando viene programmata la messa in orbita del Telescopio Hubble. Partendo dalla considerazione che la notevole distanza e le ridotte dimensioni di altre ipotetiche lune attorno a Plutone avrebbero reso impossibile la loro scoperta da terra, da Alan Stern parte una prima richiesta di utilizzo del telescopio spaziale. Le richieste però sono tante e l'esistenza di altri programmi di osservazione ritenuti ben più importanti del suo, gli negano l'utilizzo di Hubble.
Quando nel 2002 la Nasa seleziona la missione New Horizons per l'esplorazione di Plutone, la richiesta viene ripetuta ma solo un caso fortuito darà ad Alan Stern la possibilità di accedere al potente telescopio spaziale. Accade che nell'agosto del 2004 lo spettrografo utilizzato da Hubble si rompe provocando la sospensione di molte delle osservazioni programmate che utilizzavano quello strumento specifico.
Rientrano così in gioco le richieste respinte in passato e tra queste proprio quella che riguardava Plutone: in settembre viene approvato l'utilizzo di Hubble e il team decide di iniziare il programma di ricerca nella primavera successiva, quella del 2005, quando Plutone si sarebbe trovato in una favorevole posizione per le osservazioni. I risultati furono immediati ed evidenti. Dal confronto di due immagini prese il 15 e 18 maggio di quell'anno saltò subito fuori la presenza di due nuove piccole lune per le quali dobbiamo soltanto ringraziare la potenza di Hubble e di due dei suoi strumenti. Il primo è la Wide Field Camera (WFC) con la quale veniva inquadrata un'ampia regione di cielo suffi- ciente per coprire tutta la zona sottoposta alla gravità di Plutone, gravità che si estende fino a una distanza di 2 milioni di km dal suo centro. Il secondo strumento è invece la Advanced Camera for Surveys (ACS), uno strumento molto sensibile che è in grado di riprendere oggetti fino alla 27° magnitudine, ovvero oggetti 100.000 volte più deboli di Plutone e 500 milioni di volte più deboli di quanto l'occhio umano possa mai vedere. Le due piccole lune, Hydra e Nix, di magnitudine 23, hanno diametri approssimativi e ancora da confermare, stimati in circa 120 km per Hydra e 35 km per Nix.
Questo avveniva nel 2005. C'è da segnalare che nel settembre 2007, l'astronomo David Tholen dell'Università delle Ha- waii, è riuscito a fotografare da terra il sistema di Plutone con le due piccole lune, ottenendo un'immagine se non miglio- re, almeno pari a quella ripresa da Hubble, grazie al sistema di ottiche adattive di uno dei Telescopi gemelli Keck delle Isole Hawaii. Le sorprese però non finiscono mai. Nel giugno 2011, il telescopio Hubble, nel corso di una campagna osservativa volta a cercare eventuali anelli attorno a Plutone, ha trovato una quarta luna che, chiamata provvisoriamente P4, ha un diame- tro stimato attorno ai 20 km. E' sempre sorprendente la potenza di Hubble, capace di vedere un oggetto di così ridotte dimensioni ad una distanza che si aggira attorno ai 5 miliardi di km.
Per il momento, la luna P4 è l'ultima scoperta e dunque la conta dei satelliti naturali di Plutone si ferma al numero di quattro. La ricerca però continua incessantemente in vista dell'arrivo, nel luglio 2015, della sonda New Horizons al sistema di Plutone. E' indubbiamente utile sapere in anticipo se ci sono altre lune, così da programmarne lo studio prima che la sonda giunga a destinazione; questo perché la missione non prevede, come per la Cassini, uno stazionamento in orbita del pianeta e quindi la possibilità di un lungo studio, ma un solo passaggio ravvicinato prima di prendere la rotta verso la fascia di Kuiper. La New Horizons ha dunque una e una sola possibilità per studiare il sistema di Plutone . Se non verranno trovate altre lune prima di quella data, sicuramente la sonda le troverà sul posto, così come hanno fatto le altre sonde destinate all'esplorazione planetaria (Pioneer e Voyager) che non hanno mai deluso le aspettative degli scienziati e dei ricercatori. In quel momento, anzi a dire il vero già mesi prima dell'arrivo a destinazione, quando gli strumenti della New Horizons inizieranno a risultare più efficaci della potenza di Hubble, potremo finalmente sperare di intravedere il vero volto di Plutone, di Caronte e delle sue piccole lune che al momento possiamo soltanto immaginare grazie alla radiazione riflessa e alle mappe realizzate al computer. Se saremo abbastanza curiosi da seguire l'avvenimento, sicuramente non ce ne pentiremo.

WALTER

Data creazione : 25/11/2012 - 11:30
Ultima modifica : 25/11/2012 - 11:35
Categoria : STORIA
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